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Milis Ludo, Monaci e popolo nell'Europoa medievale, Einaudi, 2003

Milis Ludo


Monaci e popolo nell'Europa medievale

Einaudi


Stato di conservazione:

OTTIMO, come nuovo

Disponibilità: Già acquistato

€ 18,00

Scheda del libro

Autore Milis Ludo
Titolo Monaci e popolo nell'Europa medievale
Editore
Einaudi
Luogo di edizione Torino
Anno di pubblicazione 2003
Collana
Piccola Biblioteca Einaudi
Numero Storia e geografia, 244
Edizione
I edizione
ISBN / # catalogo 9788806165901
Lingua
Italiano
Pagine / contenuti pp. XIV, 218
Formato cm 19,5 x 11,5
Legatura brossura
Note Traduzione di Sergio Arecco
Stato di conservazione OTTIMO, come nuovo
Qualità
Prezzo € 18,00

Altre informazioni

Ludo Milis prende atto, con lo sguardo largo e coraggioso di questo libro, che le migliori ricerche di storia monastica non hanno prodotto un patrimonio di conoscenze comuni. È spesso polemico, ma non ha la pretesa di presentarsi come innovatore radicale: i suoi avversari sono l'opinione corrente (esemplificabile nell'insegnamento scolastico) e le ricerche settoriali che non hanno ben analizzato l'impatto degli ideali monastici sull'insieme della società medievale. Secondo Milis si è sopravvalutata l'incidenza monastica sulla cura d'anime, sulla rete assistenziale, sui pellegrinaggi, sulla cultura, sull'agricoltura, sull'architettura. Milis invita a considerare la comunità monastica come un piccolo alveare che rifletteva un ideale di rapporto fra cielo e terra che avrebbe dovuto essere tipico dell'intera società cristiana. Ma era un ideale anche estenuato e inapplicabile, perché se pochi potevano proporsi di evadere dalla terra e dalla materia, l'umanità nel suo insieme non poteva evadere da se stessa. Le frequenti «restaurazioni» della vita monastica rispondevano a un'idea di «decadenza ineluttabile» della cristianità, e i monaci vivevano la marginalità come fattore di superiorità.
Alcune contraddizioni monastiche sono più apparenti che reali. L'ispirazione all'isolamento si manifestava soprattutto rispetto alle popolazioni locali, mentre la mobilità di abati e monaci su scala europea era notevole. Il «buon abate» era chi aveva accumulato proprietà per il monastero, perché c'era «reciprocità funzionale» con gli aristocratici fondatori. Molti benedettini davano gran peso alla liturgia e scarso valore all'attività manuale e in genere non si trova un nesso fra «etica del lavoro» e monachesimo. La preghiera prevaleva, almeno fino al secolo XII, sull'impegno filantropico mentre, sul finire del medioevo, proprio gli ordini che più praticavano la povertà erano in grado di accumulare risorse reinvestibili.

(Giuseppe Sergi, dalla quarta di copertina)




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