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Ricordate il rapporto sui limiti dello sviluppo, preparato dal Club di Roma", negli anni '70? Esso è stato, per molti anni, un punto di riferimento (non importa se in negativo o in positivo, per affinità o per contrasto) necessario a chiunque volesse capire le tendenze della società fordista. Il testo elaborato dal «Gruppo di Lisbona» si candida ad assolvere una funzione analoga per il tempo nostro. È un'analisi d'insieme, economica e sociologica, dell'epoca postfordista. Un'analisi non disgiunta da previsioni e prognosi. Mondializzazione, smantellamento del Welfare, crisi strutturale dell'occupazione, elasticità del processo produttivo, esplosione dei localismi, ansiosa ricerca di identità, governo globale dell'economia, la nuova alleanza tra impresa e lo stato; il catalogo è questo, questa l'agenda imposta da un'innovazione paragonabile per molti versi alla prima rivoluzione industriale. In particolare, il Rapporto (finora circolato in un ambito ristretto come pubblicazione del Cnel) si sofferma sull'ideologia della competitività e sulle sue patologie. Può il principio di competizione (un termine che, paradossalmente, in origine significava "cercare insieme") regolare la distribuzione e l'uso su scala planetaria delle risorse materiali e immateriali? O è destinato e rivelarsi un boomerang nella situazione in cui ogni prodotto dell'attività umana è già sempre "made in the world"?
(dalla quarta di copertina)